La Convenzione ONU dei diritti del disabile

Nel dicembre 2006 l’ONU ha approvato la Convenzione dei diritti delle persone con disabilità, successivamente ratificata dall’Italia il 24 febbraio 2009, e dall’Unione Europea il 23 dicembre 2010.

Questa si compone di 50 articoli, e ovviamente alcuni principi sono quelli propri della Carta dei diritti dell’Uomo (diritto alla non discriminazione, alla piena realizzazione di sé, alla tutela della propria persona). Ma si affrontano anche tematiche specifiche, come il diritto all’accessibilità, alla piena accettazione da parte della società, al diritto, da parte del minore disabile, di conservare la propria identità sociale.

Innanzi tutto, centrale è il concetto di “discriminazione sulla base della disabilità” (articolo 2, terza definizione): 

  • “Discriminazione sulla base della disabilità” indica qualsivoglia distinzione, esclusione o restrizione sulla base della disabilità che abbia lo scopo o l’effetto di pregiudicare o annullare il riconoscimento, il godimento e l’esercizio, su base di eguaglianza con gli altri, di tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali in campo politico, economico, sociale, culturale, civile o in qualsiasi altro campo. Essa include ogni forma di discriminazione, compreso il rifiuto di un accomodamento ragionevole (nozione, quest’ultima, definita successivamente). 

Certamente sono fondamentali gli articoli dedicati alla tutela di donne e bambini disabili, che corrono il rischio concreto di essere sottoposti a una doppia discriminazione (sia in quanto donne, o minori, sia in quanto disabili), ma non meno importanti sono quelli dedicati alla promozione dell’accessibilità, alla tutela giuridica e alla sicurezza, al diritto alla protezione sociale, all’istruzione (per la quale gli Stati si impegnano ad assicurare “un sistema inclusivo a tutti i livelli e l’apprendimento a lungo termine). Ovviamente non si trascura il diritto alla salute, ma non vengono trascurati altri diritti fondamentali, come il lavoro, o la piena partecipazione alla vita pubblica, politica e culturale, o il tempo libero. 

Per tutto ciò è importante una cooperazione internazionale finalizzata ad intervenire in zone che hanno più bisogno di interventi specifici. A tale scopo è stato creato, presso le Nazioni Unite, un apposito Comitato di esperti con compiti di monitoraggio, anche attraverso l’analisi di rapporti inviati annualmente dai paesi membri, ai quali viene chiesto di adeguare la normativa.

In pratica viene chiesto ai diversi paesi di impegnarsi attivamente, abolendo ogni misura contraria ai principi della Convenzione, combattendo stereotipi e pregiudizi, valorizzando così il ruolo dei cittadini con disabilità. 

In quanto alla Vita Indipendente, la Convenzione non ne parla esplicitamente. Tuttavia la riconosce, dal momento che recita, all’articolo 19, terzo comma:

le persone con disabilità abbiano accesso ad una serie di servizi di sostegno domiciliare, residenziale o di comunità, compresa l’assistenza personale necessaria per permettere loro di vivere all’interno della comunità e di inserirvisi  impedire che esse siano isolate o vittime di segregazione.

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